sabato 24 febbraio 2018

REGIONE FRIULI-VG: "2008-2018, FINE DELLA CRISI O FINE DI UN TERRITORIO?" di Prof. SANDRO FABBRO


Udine, Piazza Libertà, con in primo piano la bandiera del Friuli

Foto di Roberta Michieli 

 
REGIONE FRIULI-VG
 

2008-2018: fine della crisi

o fine di un territorio?

Una via credibile per uscire

da una situazione disastrosa.


di Sandro Fabbro
 

Sono passati dieci anni dal fatidico anno di avvio di una crisi lunga e severa. La nostra regione ed il Friuli in particolare, l’hanno subita duramente. Ma ne stiamo uscendo? E se sì, ne stiamo uscendo bene? Importanti soggetti pubblici e privati diffondono messaggi molto rassicuranti: “Il Friuli corre più del Veneto”, titolava il 24 gennaio il MV a presentazione di un rapporto, corredato anche da commenti entusiastici di alcuni analisti economici, sulla buona performance delle 500 imprese regionali più grandi. Un altro rapporto, quello della Regione sul mercato del lavoro 2017, segnala che, non solo siamo tornati al tasso di occupati del pre-crisi (non importa se con lavori più precari e saltuari e con un monte ore lavorate del tutto inferiore), ma, addirittura, che le imprese stanno cercando lavoratori e non li trovano (per ben 20mila posti di lavoro sembra). Ma agli analisti economici, alla stampa e, soprattutto, alla Regione non dovrebbe sfuggire che la “ripresa” del FVG, se c’è, vale per una parte minima del territorio e delle imprese regionali (prevalentemente imprese esportatrici) ma non per tutto il tessuto produttivo (91mila imprese attive nel 2016) né per tutto il sistema sociale e territoriale regionale che continua, invece, a registrare una “contrazione” strutturale nel suo complesso e, in alcune sue parti, anche molto severa. Il dato vero, cioè, è che, se la crisi si sta ritirando, ciò avviene, in FVG, troppo in ritardo, più lentamente della media nazionale e lasciando indietro parti importanti di società, di territorio e di economie locali. Il Pil regionale, dopo anni di valori negativi e peggiori della media nazionale (-8,2% in FVG, dal 2008 al 2016, a fronte del -6,8% in Italia, ma dove il Trentino Alto Adige è invece cresciuto di quasi il 3%), si è portato, negli ultimi anni, sopra lo zero ma, nel 2016, è cresciuto appena dello 0,5% a fronte di un Pil nazionale cresciuto dello 0,9%. L’occupazione, a partire dal 2014, anno del picco negativo, ha cominciato a riprendersi ma con una velocità inferiore a quella nazionale (al 17° posto, tra le regioni italiane). Dopo i numeri negativi degli anni prima, nel 2016 abbiamo perso ancora, a saldo, altre 642 imprese! Ma ciò che deve preoccupare di più chi guarda alla tenuta complessiva del sistema FVG, è l’emergenza demografica determinata dai quattro flagelli biblici che operano ormai congiuntamente: denatalità, invecchiamento, spopolamento e nuova emigrazione. C’erano anche prima della crisi, certo. Ma l’esodo di persone verso l’estero, in particolare di giovani, in percentuale pari al doppio di quella italiana (rapporto Italiani nel Mondo, 2016) e indici di vecchiaia ormai tra i più alti d’Europa, sono decisamente peggiorati a seguito della crisi. I “danni” di dieci anni di crisi, stanno, quindi, diventando “cronici” e di “sistema” e stanno assumendo un carattere permanente e pervasivo. L’impoverimento economico si sta trasformando, cioè, in degrado del “capitale territoriale” complessivo (umano, ambientale, insediativo) e ciò rende, quei danni, più difficilmente rimovibili.
La prima cosa da fare è, quindi, non esaltarsi al primo indicatore positivo né tantomeno sparare proposte a casaccio ma capire bene le ragioni di questo stato di cose.
Prima di tutto, bisogna capire perché il FVG sia andato peggio della media italiana e ne stia uscendo più lentamente. Non credo, come si è sostenuto per anni, che il sistema produttivo regionale abbia particolari colpe. O almeno non ne ha in misura superiore ad altre aree e regioni. Guardiamo invece cosa ha fatto la Regione. In questi dieci anni di crisi, le politiche regionali sono rimaste pressoché quelle storiche ma con meno risorse e con investimenti sul territorio ridotti della metà (in FVG, ben un miliardo di investimenti pubblici in meno, stima la CGIA di Mestre) che, messi nei settori giusti, ne potevano attivare altri due o tre di privati. La Regione, cioè, prima non ha “visto” la crisi e poi, quando l’ha vista, non l’ha contrastata. In una prima fase cioè, diciamo fino al 2011, l’ha rimossa (l’obiettivo principale era ridurre il debito regionale e non tanto rilanciare l’economia). Poi, dal 2011, ha accettato, senza fiatare, le pesanti contribuzioni che i governi nazionali, a vario titolo, le hanno imposto e che ne hanno decurtato, di diversi miliardi, la capacità di spesa (si vedano i dati presentati, nel convegno AFE del 3 marzo 2017, dall’ex consigliere regionale G. Cavallo e disponibili in rete, ma anche quanto sostiene, nel suo sito web, G. Moretton, già vicepresidente della Regione FVG nella Giunta Illy). La Regione, cioè, pur sapendo che la crisi imperversava, non l’ha contrastata! E non l’ha fatto perché ha “dovuto” contribuire (sembra in misura doppia rispetto a quanto le sarebbe spettato di dare), al risanamento del debito pubblico nazionale. Doveva farlo? E proprio in quella misura? E contro gli interessi della regione? Una risposta ora non risolverà i danni prodotti negli anni ma almeno chiarirà che, dietro i nostri problemi di oggi, non c’è un destino cinico e baro ma ci sono colpe politiche e personali ben precise che potevano essere assolutamente evitate.
La conclusione è che, quel differenziale di emergenza demografica e socioeconomica e di ritardo nell’uscita dalla crisi di cui si è detto sopra, sono dovuti ad una mancata risposta, alla crisi, nei tempi e nei modi dovuti, da parte di chi ha governato la Regione Autonoma FVG.
Con che diritto, quindi, le maggioranze di centro-destra e di centro-sinistra, responsabili di questo “decennio perduto”, parlano di Autonomia, se non l’hanno usata per contrastare la crisi in atto? Con che diritto propongono nuove politiche di sviluppo (da “fabbrica 4.0”, alla salvifica “nuova via della seta”; dal rilancio della filiera turistica a quella agroalimentare ecc.) se, prima di tutto, non si chiedono perché siamo andati peggio della media nazionale e perché stiamo uscendo tardi e male dalla crisi? Senza risposta a queste domande ogni proposta preelettorale sulle nuove politiche socioeconomiche regionali va rigettata perché evasiva o salottiera. Poniamo, invece, noi queste domande ai prossimi candidati alla presidenza della Regione e imponiamo, come autonomisti, una nostra agenda politico-economica credibile. L’unico serio programma di fuoriuscita dalla crisi è quello che: a. prima di tutto ristabilisce la verità delle cose e chiarisce perché oggi il FVG non può vantare performance simili a quelle del Trentino AA; b. si pone seriamente il problema di ripristinare in pochi anni (per evitare la cronicizzazione dei problemi) le necessarie condizioni di base –in primis demografiche e di coesione sociale e territoriale- per ripartire. A tal fine, un massiccio e tempestivo piano straordinario di investimenti (da finanziare fermando l’emorragia finanziaria verso lo stato, richiedendo indietro almeno parte del maltolto e attivando tutte le risorse pubbliche e private che si possono attivare) destinato a rendere più sicuro, efficiente e attrattivo, il nostro territorio, può generare migliaia di nuovi posti di lavoro per giovani, donne e disoccupati.
 
Udine, 20 febbraio 2018
 
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Il Prof. Sandro Fabbro, che ringraziamo per averci concesso la pubblicazione della sua precisa e puntale analisi economica e politica, è docente presso l'Università di Udine. Dal 1995 tiene corsi di Pianificazione territoriale, di Politiche urbane e territoriali e di Tecnica Urbanistica presso i Corsi di Laurea in Ingegneria Civile ed in Ingegneria dell'Ambiente e delle Risorse e di Urbanistica presso il Corso di Laurea in Scienza dell'Architettura.

La Redazione del Blog
 

 

mercoledì 21 febbraio 2018

PRESENTAZION DEL LIBRI "STORIE E CRONISTORIE DAL TEATRI IN FRIÛL DAL 1300 AL 2000" DI BEPI AGOSTINIS


 
 
PROVINCIA DI UDINE
PROVINCIE DI UDIN

 
Invît  


Presentazion dal libri

 
STORIE E CRONISTORIE
Dal Teatri in Friûl,
dal 1300 al 2000

 
di
 
BEPI AGOSTINIS

 
Relazion a cure di Angela Felice

 
LUNIS AI 26 DI FEVRÂR AES 17

Salon dal Consei provinciâl
Palaç Belgrât – Udin


Intervents:

Pietro Fontanini
President de Provincie di Udin

Giuseppe Morandini
President de Fondazione Friuli

Federico Pirone
Assessôr ae culture dal Comun di Udin

Federico Vicario
President de Societât Filologjiche Furlane

Lorenzo Fabbro
President de ARLeF
 

Bepi Agostinis - Autôr
 
 

sabato 17 febbraio 2018

REGIONE FRIULI-VG: TRE MOZIONI SULLA SPECIALITA' REGIONALE, DEL TUTTO FUORI TEMPO E NEGATIVE.


REGIONE FRIULI-VG

Notizie dal consiglio regionale

CR: votate tre mozioni su specialità regionale (4)

14/02/2018, 13:39

(ACON) Trieste, 14 feb - MPB - All'attenzione dell'Aula tre mozioni sul tema della specialità regionale. I provvedimenti, dopo le singole illustrazioni, sono state trattati dall'Assemblea consiliare in una unica discussione generale, prima delle distinte votazioni (...).


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COMMENTO


Dome cumò? Solo adesso?


Le tre mozioni sul tema della specialità regionale discusse il 14 febbraio in Consiglio Regionale sono significative, in negativo, per vari motivi:
  • giungono a fine legislatura quando gli impegni proposti sono, evidentemente, solo slogan per la incombente campagna elettorale regionale;

  • nessuna delle tre affronta il vero problema e cioè la necessità di recuperare almeno una parte significativa dei tanti milioni che la regione ha regalato a Roma grazie ai due patti firmati da Tondo e Serracchiani. Quello che è il primo e vero problema (quello finanziario!!) non è nemmeno CITATO. Senza autonomia finanziaria è inutile parlare di autonomia speciale!!!!

  • Nessuna delle tre entra nel merito della situazione economica regionale che continua a segnare segni negativi e gravi disparità nel territorio regionale – vedasi dati CCIAA Udine -

  • Sembra assente dal dibattito la Sinistra, forse dispersa in un centralismo statalistico antistorico e inadeguato?

Sull'unica mozione approvata, la mozione nr. 314 presentata dal Pd, al di là della necessità che la Regione richieda le competenze sul sistema scolastico similmente al Trentino – Alto Adige, sembra già di leggere che l’autonomia speciale sia stata concessa per la particolare situazione internazionale di Trieste: quale storia si intenderà raccontare a scuola, quella irredentista di Trieste o quella che ci potrebbe raccontare don Placereani o Tessitori?

Speriamo che la campagna elettorale e le persone e le forze politiche del prossimo Consiglio regionale dimostrino più attenzione sui temi fondamentali del diritto all'autonomia, delle specificità dei territori che compongono questa terra, dell'assoluta esigenza che Roma restituisca il maltolto perchè non può esistere autonomia senza fondi a disposizione per attuarla.
 

Comitato per l'autonomia
e il rilancio del Friuli

IL DIRETTIVO

18 febbraio 2018
 
 

giovedì 15 febbraio 2018

21 FEBBRAIO 2018 - GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA LINGUA MADRE


TUTELA MINORANZA
LINGUISTICA FRIULANA
 
IL 21 FEBBRAIO 2018
 
IN TUTTO IL MONDO SI FESTEGGIA
LA GIORNATA INTERNAZIONALE
DELLA LINGUA MADRE
 
 
"L’ARLeF (Agjenzie regjonâl pe lenghe furlane) anticipa di qualche giorno le celebrazioni per la Giornata Internazionale della Lingua Madre. In tutto il mondo, infatti, la Giornata si festeggia il 21 di febbraio, ma l’ARLeF, per dare occasioni di confronto sulla diversità linguistica a un pubblico più vasto, sabato 17 febbraio ha deciso di organizzare una serata dedicata alla lingua friulana e alla ricchezza delle sue varietà, anche nelle produzioni artistiche. L’evento sarà incentrato sulla musica, le parole, i suoni e le voci della lingua e prevede, come evento clou, il concerto di Franco Giordani. Il cantautore friulano si esibirà (con ingresso gratuito), alle ore 21.00, al Teatro San Giorgio di Udine, proponendo le canzoni in gran parte estratte dal suo ultimo lavoro musicale: Truòisparìs. (...)"
 
dal quotidiano FriuliSera.it
 

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PRO MEMORIA

PER MAI DIMENTICARE

GLI SBERLEFFI
E LE OFFESE MEDIATICHE

DEL 2009!!

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26 agosto 2009

Il giornalista Tommaso Cerno dalle pagine del settimanale l'Espresso mette alla gogna la minoranza linguistica friulana e da il via ad un incredibile e assurdo attacco a livello nazionale ai diritti linguistici dei friulani.




We speak furlân

In Friuli il dialetto è già legge. Con insegnamento nelle scuole, cartelli bilingue e la traduzione simultanea alla Regione. Uno spreco da 35 milioni

di Tommaso Cerno

Centinaia e centinaia furono all'epoca le lettere di protesta inviate al settimanale l'Espresso. Non “UNA” fu pubblicata dalla redazione di questo settimanale, violando così il diritto di replica della minoranza linguistica friulana pesantemente offesa e attaccata nei suoi diritti linguistici e umani primari.

Tra queste centinaia e centinaia di lettere di protesta, c'era anche il Comunicato Stampa del Comitato 482. Anche questo Comunicato stampa fu del tutto ignorato dalla Redazione del settimanale l'Espresso.

Nel sito del Comitato 482, per chi ne fosse interessato, c'è un ricco dossier sugli attacchi della stampa italiana ai diritti linguistici del popolo friulano.  http://com482.altervista.org/dossier.htm
 

Comitât – Odbor – Komitaat – Comitato 482 
 
www.com482.org 
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Dossier: gli attacchi della stampa italiana
ai diritti linguistici del popolo friulano
1/8

 
Alla fine dell'estate 2009 la stampa italiana ha lanciato un pesante attacco contro la minoranza linguistica friulana cercando di dipingere la lingua friulana come un "dialetto" e definendo i (pochi) soldi impiegati per le politiche di tutela "uno spreco di danaro pubblico". In questo dossier si documentano questi attacchi mediatici e le campagne di risposta del Comitato 482. Il primo articolo contro i diritti linguistici del popolo friulano è stato pubblicato da "L'Espresso" a fine agosto 2009. We speak furlân. In Friuli il dialetto è già legge. Con insegnamento nelle scuole, cartelli bilingue e la traduzione simultanea alla Regione. Uno spreco da 35 milioni.

(da L'Espresso - 26 agosto 2009) (...)

Ecco il Comunicato di risposta del Comitato 482

Egregio Direttore de L’espresso, Daniela Hamaui,

non è la prima volta che la lingua friulana e la comunità che la parla si trovano ad essere attaccati sulla stampa, ma raramente ci è capitato di leggere un articolo così zeppo di faziosità, falsità, errori, imprecisioni, insinuazioni ed ironie fuori luogo come We speak furlân” di Tommaso Cerno, pubblicato sull’ultimo numero del settimanale da lei diretto. Talmente zeppo che, per rispondere debitamente a tutte le affermazioni scorrette e alle allusioni malevole fatte dall’autore dell’articolo, dovremmo impiegare ben più dello spazio che questa lettera ci offre. Per questo ci limiteremo a rispondere solo ad alcuni dei punti sollevati nell’articolo.

In Friuli il dialetto è già legge recita il sommario. Ad oltre 130 anni dalla pubblicazione dei “Saggi ladini” di Graziadio Isaia Ascoli, padre della glottologia italiana, non vi è ancora giunta notizia che il friulano non è un dialetto italiano, ma una lingua retoromanza strettamente imparentata col romancio (una delle quattro lingue nazionali della Svizzera) e col ladino dolomitico (che nella provincia di Bolzano è coufficiale con tedesco ed italiano)? Passi che non ne conosciate la storia e le caratteristiche, ma che non sappiate nemmeno che si tratta di una lingua riconosciuta come tale sia dallo stato italiano, sia dalle autorità europee non depone certo a vostro favore!

Quanto l’argomento vi sia ignoto è dimostrato anche dalla capacità di sbagliare praticamente tutte le parole in friulano citate nell’articolo, a cominciare da quella riportata nel titolo. Non di “furlân” si tratta, ma di “furlan”, e poi “Vignesje” per “Vignesie”, “dizionâr” per “dizionari”, ecc. È legittimo, allora, chiedersi con che accuratezza può riportare delle interviste un autore che non è nemmeno capace di trascrivere correttamente una parola? Ne sapranno certamente qualcosa i citati Edouard Ballaman (presidente del Consiglio regionale del Friuli – Venezia Giulia) e Sergio Cecotti (ex sindaco di Udine)…

Alla base di tutto c’è un concetto molto semplice: i diritti linguistici sono parte dei diritti umani e la loro garanzia è uno dei compiti fondamentali di una vera democrazia. Era chiaro per i padri costituenti dell’Italia repubblicana che, non a caso, hanno affrontato la questione nell’articolo 6 della Costituzione della Repubblica italiana. Un po’ meno chiaro per i loro successori, purtroppo, visto che per la parziale attuazione di tale articolo hanno atteso oltre cinquant’anni: è solo del 1999, infatti, la prima legge statale (482/99) di tutela della minoranze linguistiche. Un risultato ottenuto anche grazie alle dure battaglie dei friulani, a cominciare dal deputato comunista Mario Lizzero, uno dei massimi esponenti della Resistenza friulana.

Proprio la 482/99 prevede per i friulani, e per altre undici comunità minorizzate, la tutela parziale dei loro diritti linguistici garantendo la presenza della loro lingua propria nella scuola, nelle amministrazioni pubbliche, nella toponomastica e nella radiotelevisione pubblica.

A proposito, se proprio ci tenete a pubblicare qualcosa sull’argomento, perché non fate una bell’inchiesta sulle ripetute violazioni e sui ritardi nell’applicazione della legge statale 482/99? Basterebbe citare la violazione di quanto previsto dalla 482 da parte degli ultimi contratti di servizio tra il Ministero delle Comunicazioni e la RAI: altro che la “tv bilingue” descritta dall’autore dell’articolo! Una situazione denunciata più volte dalle autorità europee attraverso le Raccomandazioni sull'applicazione della “Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali” (che, pensate un po’, si applica anche ai friulani!), ma di cui la “grande” stampa italiana si è sempre disinteressata, forse perché troppo impegnata a dare un’interpretazione in chiave moderna del fascistissimo “Vietato sputare per terra e parlare in dialetto”.

Relativamente alle cifre spese e ai risultati ottenuti, ci limitiamo a citare un solo caso, quello del Grant Dizionari Bilengâl Talian – Furlan” (GDBTF). “Dopo dieci anni non ne esiste una sola copia su carta” si legge nell’articolo. Peccato che l’autore del pezzo si dimentichi di ricordare che tale opera (che se stampata richiederebbe diversi volumi) è nata come strumento informatico e non cartaceo! La cui prima edizione è disponibile da anni in rete sul sito del “Centri Friûl Lenghe 2000”, dove è stato consultato oltre 200.000 volte e scaricato da oltre 5.000 persone (oltre alle 8.000 copie distribuite su cd), e la cui seconda edizione ampliata è stata presentata ufficialmente nel 2008 con altrettanto successo. Per l’autore dell’articolo, tuttavia, il GDBTF rappresenta un chiaro esempio dei “risultati non sempre brillanti” ottenuti con i fondi per il friulano. Non la pensano così un certo Tullio De Mauro ed inutili istituti di periferia quali l’Università di Stoccolma, l’Istituto di Ricerca per le Lingue della Finlandia, il CNR di Pisa. Secondo voi a chi viene più facile dare credito? Rimane però la questione delle spese sostenute: secondo esperti esterni al GDBTF pare che, opere analoghe fatte altrove, siano costate molto, ma molto di più… Alla faccia degli sprechi!

È possibile che i miseri fondi per il friulano (fare paragoni con i fondi per il catalano, il basco o il gallese – in questi ultimi due casi con un numero di parlanti simile a quello del friulano – ci sembra umiliante per lo stato italiano, ma perfino la Francia centralista investe di più per il bretone, parlato da circa 300 mila persone, di quanto non facciano attualmente il Governo italiano e la Regione Friuli – Venezia Giulia per il friulano) abbiano attirato degli approfittatori. È possibile, inoltre, che ci siano state delle spese inutili e degli sprechi. Però, ci piacerebbe conoscere anche un solo settore in cui, nello stato italiano, non ve ne siano, a cominciare dai finanziamenti pubblici per l’editoria e per la stampa: soldi pagati da tutti i cittadini italiani, anche da noi poveri contadini e montanari che ci ostianiamo a “speakare furlân”. Con le poche risorse a disposizione e con la passione e le competenze di molti volontari in Friuli si sta cercando di garantire i diritti linguistici: cioè la possibilità per tutti di utilizzare la propria lingua madre in maniera normale, ossia in tutti gli ambiti della vita. È un concetto base della democrazia e del rispetto dei diritti umani. Per cui che vi permettiate di parlare di “uno spreco da 35 milioni” e di “follie federaliste” più che un insulto a quanti da anni si battono per il riconoscimento dei diritti linguistici propri ed altrui (la nostra battaglia, infatti, vale anche per le altre comunità minorizzate che vivono nello stato italiano) è una macchia sulla capacità del giornalismo italiano di abbandonare gli stereotipi del nazionalismo italiano (fascista e non) e di trattare con rispetto e con onestà quanti sono diversi per lingua ed identità.

Cordiali saluti.


Udine, 30/08/2009

Il portavoce del Comitato 482

Carlo Puppo

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E SEMPRE DAL DOSSIER
DEL COMITATO 482

http://com482.altervista.org/dossier.htm
 
pubblichiamo due lettere che riteniamo  significative e rappresentative delle centinaia e centinaia di lettere inviate  alla Redazione del settimanale l'ESPRESSO e mai pubblicate sul settimanale stesso. 
 

Spettabile Direttore,

mi è dispiaciuto molto leggere sulla sua rivista l'articolo "We speak furlân" di Tommaso Cerno.

Tale articolo riporta un'incredibile quantità di errori e, dispiace dirlo, menzogne: a Cerno infatti non si può nemmeno concedere la scusa della scarsa informazione, visto che conosce personalmente la realtà friulana, ma la ritrae del tutto deformata per pura mala fede. Invece di gettare il fumo negli occhi ai lettori con la fantomatica enormità degli sprechi pubblici rispetto alle lingue minoritarie, la cui tutela al contrario è drammaticamente sottofinanziata, mi parrebbe molto più opportuno che la sua rivista pubblicasse un'inchiesta seria sulla reale situazione delle lingue minoritarie in Italia. Pare infatti non vi siate accorti che, nonostante in Italia esistano, siano riconosciute e ufficialmente tutelate 12 minoranze linguistiche storiche, nella maggioranza dei casi, le istituzioni stesse infrangano la Costituzione e le leggi della Repubblica Italiana, continuando una politica di nazionalismo sciovinista che finisce per impoverire il "Bel Paese" e per allontanarlo dall'Europa e dalla democrazia. Complimenti a Tommaso Cerno per il suo contributo personale in questo percorso verso l'inciviltà: all'Espresso invece, l'augurio di mettere a fuoco con più lucidità uno dei punti dolenti della nostra società: quello dell'accettazione e della valorizzazione delle diversità, anche di quelle linguistiche.

Sandri Carrozzo

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Preg.mo Signor Direttore,

ho letto con interesse l'articolo "We speak furlân" (l'accento circonflesso è di troppo!) di Tommaso Cerno pubblicato sull'ultimo numero di «L'Espresso». Le informazioni in esso riportate, cioè i dati sulle importanti misure di promozione adottate per la salvaguardia del friulano (non importa se 'dialetto' o 'lingua'), dovrebbero far inorgoglire i cittadini Italiani: finalmente anche il nostro Paese, sia pure dedicandovi poche risorse economiche (mi riferisco agli scarni due milioni e mezzo di euro stanziati per l'anno corrente dallo Stato da dividere fra tutte le 12 comunità di lingue storiche minoritarie tutelate dalla legge 482/1999) ha cominciato ad allinearsi con quanto civilmente già da tanto tempo si è fatto o si sta facendo in Europa nello stesso campo con l'impiego di risorse superiori decine se non centinaia di volte ai nostri stanziamenti statali. Ai fondi dello Stato la Regione Friuli-Venezia Giulia ha aggiunto, meritoriamente, la sua parte, consapevole dell'importanza della salvaguardia di un patrimono linguistico-storico-culturale rappresentato da più di mezzo milione di parlanti attivi (cui se ne aggiungono alcune centinaia di migliaia con competenza passiva). E invece no: il tono sarcastico-denigratorio-canzonatorio-mistificatore che, mescolato alla presentazione dei fatti, serpeggia in tutto l'articolo vuole abilmente convincere il lettore che si tratta di operazioni di poco conto, inutili, ridicole, peggio ancora di «Uno spreco da 35 milioni» (senza però sottolineare che si tratta della somma stanziata nei bilanci di complessivi 14 anni).

Ritengo che il pezzo di Tommaso Cerno possa essere proposto nelle scuole di giornalismo quale modello atto a dimostrare come gli stessi fatti e dati, a seconda della interessata manipolazione del regista esperto, possano portare a conclusioni lodevolmente positive o riprovevolmente negative.

Saluti distinti,

G. Frau

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BUONA GIORNATA INTERNAZIONALE
 
DELLA LINGUA MADRE!!
 
LA REDAZIONE DEL BLOG
 

lunedì 12 febbraio 2018

Venerdì 16 febbraio 2018, ore 17.30, presentazione del libro "LA UDINE DEL CUORE" di Roberto MEROI


 
 
 
 
PROVINCIA DI UDINE
PROVINCIE DI UDIN
 

S.V. è invitata
 alla presentazione del libro
 
 
LA UDINE DEL CUORE 
 
Passeggiata in città
con Mario Quargnolo
 
 

di ROBERTO MEROI
 
Venerdì 16 febbraio 2018, ore 17.30
 
 
Palazzo Belgrado - Salone del Consiglio
 
Piazza Patriarcato, 3 - Udine

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martedì 6 febbraio 2018

AUTOSTRADA A4 VENEZIA-TRIESTE, SEMPRE PIU' "NASTRO TRASPORTATORE" CHE NON GENERA ECONOMIA


Dal quotidiano
FRIULISERA.IT
 
 
Autostrada A4 sempre di più “nastro trasportatore” che non genera economia.

di Gian Carlo Pastorutti
"articolo di redazione" 
 
La costruzione della 3° corsia sulla A4 Venezia –Trieste prosegue a ritmi serrati, anche con il rischio di rifare lavori per accelerare i tempi, come successo la scorsa settimana sulla tratta Alvisopoli – Gonars. Autovie Venete ha ribadito che, “il cantiere verrà terminato entro la metà del 2020 se non prima, grazie al premio di accelerazione che l’impresa aggiudicataria ha l’interesse ad ottenere”. Dall’inizio dei cantieri della 3° corsia, la cronaca settimanalmente si è occupata di rallentamenti, code per lavori o incidenti, uscite obbligatorie con i conseguenti intasamenti che provocano il dirottamento del traffico sulle strade regionali limitrofe, creando così gravi disagi alla viabilità locale ed ai cittadini. Oltre alle forti vibrazioni che provocano crepe sui muri, vengono segnalati spostamenti di tegole, ed un notevole disturbo notturno al passaggio dei mezzi pesanti. Negli altri giorni, la gente si è abituata/rassegnata per il continuo passaggio dei mezzi di cantiere e degli addetti ai lavori. Il traffico sulla A4 negli ultimi due anni ha subito un significativo aumento. Nel 2006 sono transitati oltre 47 milioni di veicoli, 35 milioni dei quali di veicoli leggeri e 12 milioni di pesanti. L’anno successivo, c’è stato un ulteriore aumento passato ad oltre 48 milioni, rispettivamente di 35,5 milioni di veicoli leggeri e di 12,5 milioni circa di pesanti. L’incremento di questi ultimi è stato del 6,30%. Ottimi risultati per Autovie Venete che grazie alle entrate dei pedaggi, inizia a recupera parzialmente i costi dell’investimento. Simili risultati però, non si riscontrano nelle aree di servizio con la ristorazione e con la distribuzione di carburante. Secondo i dati di Ristop – Lagardere che gestisce 2 aree sulla A4 (Calstorta sud e fino a novembre 2017 Gonars nord, ora Gonars sud e altre 8 su autostrade italiane), dal 2016 al 2017 c’è stata una riduzione dei pasti serviti rispettivamente del 22,3% per Calstorta sud e del 32,44% a Gonars nord. L’utilizzo del ristorante da parte dei camionisti è solo del 5-10% e gli acquisti snack, self e market, sono molto limitati. Preferiscono farsi da mangiare dentro o a bordo del mezzo. Il parcheggio dei camion è sempre al completo dei posti disponibili, sia nelle ore notturne che nelle giornate vietate al traffico pesante. La gestione della pulizia delle aree di parcheggio, luce adiacenti al punto di ristoro e rifornimento carburante, sono a carico dei gestori e questo comporta costi crescenti per la pulizia e il conferimento dei rifiuti.

La situazione peggiora quando si formano le code perché pochissimi entrano nelle aree di servizio per non perdere il posto in coda. Per quanto riguarda le aree di erogazione carburante, la situazione è tragica secondo alcuni gestori. Nel corso degli ultimi anni l’erogazione si è ridotta del 60%. Eccessive sono le accise e IVA che gravano per il 60-65% del costo al litro. Il costo del carburante in Slovenia ed Austria è inferiore, i serbatoi dei mezzi hanno una capacità da 800 litri fino ad oltre 1000 litri che permettendo un’ampia autonomia per cui non serve fare il pieno a prezzo maggiorato in Italia. Queste situazioni oltre alla riduzione dei ricavi di queste attività commerciali, ha comportato pure una riduzione del personale. Davanti a queste evidenze, l’unica realtà che trae vantaggio è il concessionario autostradale con i pedaggi, per ora Autovie Venete controllata da Friulia finanziaria della Regione FVG, in futuro se dovesse passare ad un altro gestore, dopo il danno anche la beffa.
 

Gian Carlo Pastorutti

pubblicato il 2 febbraio 2018
sul quotidiano FRIULISERA.IT


http://friulisera.it/autostrada-a4-sempre-piu-nastro-trasportatore-non-genera-economia/

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sabato 3 febbraio 2018

LAVORO: PRO-MEMORIA PER LA LETTURA DEI DATI STATISTICI RELATIVI AL "COMPARTO LAVORO"


LAVORO

PRO-MEMORIA

per la lettura dei dati statistici

relativi al "COMPARTO LAVORO"

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Da un articolo pubblicato sul quotidiano IL MESSAGGERO VENETO a firma di Maura Delle Case del 31 gennaio 2018


"ORE IN CALO

L’infilata di segni più non si riflette sulle ore lavorate che sono invece in calo. Effetto della cassa integrazione? Oppure di contratti part time utilizzati non come misure di welfare ma imposti? Corvino ipotizza un mix delle due ragioni aggiungendovi l’incremento del lavoro temporaneo e una tendenza strutturale alla sotto occupazione.

A proposito di tipologie contrattuali, crescono i tempi determinati: erano 9 ogni 100 nel 2009, oggi sono 14 ogni cento. «E andranno crescendo ancora» vaticina il ricercatore.”
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Da un articolo pubblicato sul quotidiano “IL FATTO QUOTIDIANO giovedì il 1 febbraio 2018

TITOLO: Il lavoro è solo precario: il boom è dei senza-fiducia

"I numeri:
66 mila: gli occupati in meno di dicembre 2017 rispetto a novembre. Gli inattivi aumentati di 112 mila unità.
303 mila: i precari in più di dicembre 2017 rispetto a novembre
516 mila: l'aumento dei precari dalla partenza del Jobs act (marzo 2015) quelli stabili sono 385 mila
 
Propaganda: oltre la metà del milione di lavoratori sfoggiato da Renzi è in realtà precario.”
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Pro memoria per la lettura
delle analisi statistiche relative
al comparto lavoro.
 
 
Relativamente all'intervallo temporale preso in considerazione (esempio: mensile, trimestrale, semestrale, annuale, ecc.) per i dati Istat chi è definibile e dunque classificato come DISOCCUPATO, OCCUPATO o INATTIVO o PRECARIO?

OCCUPATO

colui che nell'intervallo di tempo preso in considerazione ha lavorato anche SOLO un'ora a settimana (ossia 4 ore al mese!!).
 
DISOCCUPATO

colui che nell'intervallo di tempo preso in considerazione, pur cercando attivamente un lavoro (inviando curriculum o iscrivendosi alle liste di disoccupazione), non è riuscito a trovarlo.

INATTIVO

il disoccupato che nell'intervallo di tempo preso in considerazione non ha cercato un lavoro perchè sfiduciato e scoraggiato.


PRECARIO

colui che ha un contratto di lavoro a termine.


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CONCLUSIONE

L'unico dato veramente oggettivo nel comparto lavoro (ed elaborabile dall'INPS) è “IL MONTE ORE LAVORATE”, che risulta in calo (vedi articolo del Messaggero Veneto)!!
 
Questo è il dato più significativo al fine della analisi dell'andamento del mercato del lavoro e della situazione economica del cittadino.  

Chi lavora solo UN'ORA A SETTIMANA (di solito per il controvalore netto di una pizza!!) può essere considerato OCCUPATO? Per i dati Istat Sì....per il buon senso del “padre di famiglia”...con grandissima probabilità NO!!
E se questo lavoratore ha più contratti di lavoro, quante volte viene conteggiato ai fini statistici? Tante volte quanti sono i suoi contratti di lavoro?


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