giovedì 11 febbraio 2016

FUSIONE COMUNI: COSI' NELLA TOSCANA DI MATTEO RENZI....




DOSSIER

FUSIONE COMUNI

COSI' NELLA TOSCANA

DI MATTEO RENZI...

i Comuni sono in rivolta!!!

"E se è passata nel mugugno e silenzio di tanti la riforma e abolizione delle Province (oggi l’assenza di un ente sovracomunale comincia a farsi sentire) altrettanto indolore non sembra preannunciarsi la nuova ondata democratica di rottamazione dei Comuni. Il caso del referendum Abetone e Cutigliano, su cui d’imperio il Consiglio regionale ha deciso, ha creato l’allarme. E molti primi cittadini stanno cominciando a far sentire la loro voce. Sabato prossimo saranno alcuni sindaci dell’area livornese e pisana a trovarsi a Guardistallo e per il 12 marzo a Volterra è attesa un’invasione di primi cittadini di Comuni “dimenticati”.

Ma ad allarmare il Pd è stato ieri il documento siglato da 13 primi cittadini di comuni senesi. Più di un terzo. E tra questi molti sindaci piddini, da Luciana Bartaletti di Chiusdino a Claudio Galletti di Castiglione d’Orcia, Eva Barbanera di Cetona e Raffaella Senesi di Monteriggioni, Francesco Fabbrizzi di Radicofani, Emiliano Bravi di Radicondoli, Paolo Morelli di San Casciano dei Bagni, Giacomo Bassi di San Gimignano e Roberto Machetti di Trequanda. E non si sono preoccupati di firmare insieme ai civici Andrea Marchetti di Chianciano Terme, Piero Pii di Casole d’Elsa, Luigi Vagaggini di Piancastagnaio, Fabrizio Fè di Pienza. In gioco c’è la stessa sopravvivenza dei loro comuni e non sono stati a guardare l’appartenenza politica dei cofirmatari.
 

(…) Già, la questione finanziaria non è poi così secondaria e riguarda le risorse che la Regione Toscana mette sul piatto in caso di fusioni tra Comuni. Una cosa francamente strana perché anziché premiare i progetti (strade, scuole, infrastrutture, servizi) si premiano i comportamenti. E qualcuno poi ha il coraggio di dire che così si tiene in conto le esigenze dei cittadini?"

MICHELE TADDEI - 4 febbraio 2016
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 PROVINCIA DI SIENA
 
MANIFESTO IN DIFESA
DEI PICCOLI COMUNI ITALIANI

3 febbraio 2016

I piccoli comuni rappresentano la grande maggioranza degli 8.000 comuni italiani. Piccoli rispetto al numero di abitanti delle realtà cittadine e metropolitane, ma spesso grandi sia nella loro estensione geografica, sia in riferimento alle risorse economiche, sociali e culturali che sono conservate nei loro confini.

I nostri padri costituenti, con chiara in mente la lunga tradizione civica dei comuni, inclusero tra i principi fondamentali a cui avrebbero dovuto ispirarsi le politiche della Repubblica il riconoscimento del ruolo delle autonomie locali, attraverso l'adeguamento dei principi e dei metodi della legislazione “alle esigenze dell’autonomia e del decentramento” (art. 5 della Costituzione).

Il Comune è l’elemento centrale di una solida tradizione civica italiana che dal Medioevo giunge fino alla Costituzione repubblicana.

In Italia, più che altrove, i territori locali fondano il loro profilo istituzionale sul Comune, che rappresenta il livello primario della democrazia e della rappresentanza politica.

Specialmente nei piccoli comuni, il Municipio e il Sindaco sono un punto di riferimento insostituibile per i cittadini e simbolicamente il Gonfalone rappresenta un importante riferimento identitario in una società sempre più priva di punti di riferimento collettivi.

In una fase storica come quella che stiamo vivendo, caratterizzata dal progressivo allontanamento dai cittadini dai luoghi decisionali, dall’irruzione dei poteri economico-finanziari nei processi di governo, dal diffondersi di sentimenti diffusi di antipolitica che alimentano i populismi, è necessario un rafforzamento del ruolo dei comuni, cioè l’esatto contrario del loro smantellamento.

Bisogna adoperarsi per il mantenimento di un presidio democratico dentro le comunità locali, per il rispetto e la valorizzazione delle identità locali e per il rilancio del ruolo dei Consigli Comunali come luogo di partecipazione politica.

Dobbiamo sostenere i piccoli comuni nella loro attività di erogazione di quei servizi fondamentali ai cittadini che, per caratteristiche intrinseche, enti di più grandi dimensioni non riuscirebbero a fornire con altrettanta efficacia e puntualità. Un buon governo locale non riproducibile su dimensioni troppo vaste.

Se i piccoli comuni sono in difficoltà dobbiamo aiutarli a vivere, non a morire.

Purtroppo invece il modo in cui oggi molta parte della classe politica italiana affronta il tema delle fusioni dei comuni, proponendone in alcuni casi l’obbligatorietà per legge, in altri promuovendo processi che ne sanciscono l’obbligatorietà di fatto, segna un insostenibile attacco alle autonomie locali ed all’esistenza stessa dei piccoli comuni.

Un attacco condotto sulla base di un approccio contabile-amministrativo che, non solo non tiene conto di altre dimensioni, ma soprattutto non si fonda su alcuna evidenza oggettiva di dati economici e finanziari. I quali dati mostrano come in realtà l’impatto dei costi dei piccoli comuni nella spesa pubblica nazionale sia del tutto marginale, sia in valore assoluto che percentuale.Altri sono i centri di spesa improduttivi nel nostro Paese.
  
Assistiamo ad analisi fondate solo sul parametro del numero degli abitanti, che impediscono di comprendere come i processi di fusione, soprattutto nelle zone rurali, possano creare, o aggravare, le criticità connesse all'estensione territoriale dei comuni, la cui eccessiva ampiezza incide negativamente sull'efficienza nell'erogazione dei servizi ai cittadini.

Ci troviamo di fronte a proposte che non tengono conto delle profonde differenze tra le aree del Paese, che conta Regioni come la Lombardia con un numero di comuni pari a 1.500 con una media di 6.500 abitanti o il Piemonte con i suoi 1.200 comuni con una media di 3.600 abitanti, ed altre come la Toscana che invece ne conta 279 con una media di 13.450.

Oppure ad attacchi strumentali condotti utilizzando numeri per creare sensazione, facendo ritenere che gli 8.000 comuni italiani, circa uno ogni 7.500 abitanti, siano un’insostenibile anomalia, quando ad esempio la Francia, Stato tradizionalmente centralizzatore, ne ha 36.000, cioè uno ogni 1.700 abitanti, e non si sogna di mettere in discussione l’esistenza dei piccoli Comuni, pur pretendendo un’organizzazione sovracomunale dei servizi.

Le politiche di razionalizzazione devono infatti riguardare la gestione dei servizi comunali, dai quali derivano i costi e dipende l’efficienza dell’azione amministrativa, e non gli organi di rappresentanza politica.

Sui costi dei quali organi politici si alimentano demagogie, nascondendone la loro reale portata, spesso così esigua da configurarli nella sostanza come un’attività condotta localmente per mero spirito di volontariato.

Le necessarie e improrogabili politiche di razionalizzazione, valorizzazione e coordinamento di territori e comunità debbano essere perseguite, con convinzione e determinazione, utilizzando gli strumenti delle associazioni dei servizi, attraverso convenzioni e soprattutto nelle Unioni dei Comuni.
Le unioni e le convenzioni vanno considerati un modello istituzionale stabile - non qualcosa di propedeutico alla fusione – e devono assicurare servizi efficienti con minori costi. Laddove non si raggiungano questi obiettivi ciò non può essere pretestuosamente imputato al modello associativo in quanto tale, ma semmai alla mancanza di convinzione negli Amministratori o alla inadeguatezza delle relative previsioni normative nazionali e regionali, e non può dunque costituire un alibi per invocare fusioni.

Le fusioni tra comuni, invece, devono essere portate avanti solo dove esista una chiara, inequivocabile ed esplicita volontà, espressa direttamente dalle singole popolazioni interessate, conseguente a situazioni di reale marginalità abitativa e ad una riconosciuta perdita di coesione sociale e del senso di comunità.

3 febbraio 2016


Firmato 

Piero Pii, Sindaco del Comune di Casole d’Elsa

Claudio Galletti, Sindaco del Comune di Castiglione d’Orcia

Eva Barbanera, Sindaco del Comune di Cetona

Andrea Marchetti, Sindaco del Comune di Chianciano Terme

Luciana Bartaletti, Sindaco del Comune di Chiusdino

Raffaella Senesi, Sindaco del Comune di Monteriggioni

Luigi Vagaggini, Sindaco del Comune di Piancastagnaio

Fabrizio Fè, Sindaco del Comune di Pienza

Francesco Fabbrizzi, Sindaco del Comune di Radicofani

Emiliano Bravi, Sindaco del Comune di Radicondoli

Paolo Morelli, Sindaco del Comune di San Casciano dei Bagni

Giacomo Bassi, Sindaco del Comune di San Gimignano

Roberto Machetti, Sindaco del Comune di Trequanda
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Dal sito www.agenziaimpress-it



C’è chi dice no. L’altra Toscana che non ci sta a farsi cancellare il Comune e si autoconvoca
 
di Michele Taddei

10 febbraio 2016


­Un’altra Toscana c’è e batte un colpo. A Guardistallo, in provincia di Pisa giusto sopra la piana che scende a Cecina, sindaci e amministratori, ma anche semplici cittadini, del pisano e livornese si sono dati appuntamento nel teatrino ottocentesco “Virgilio Marchionneschi” per discutere di unioni e di fusioni. Un tema di grande attualità nella nostra Regione dopo quel che è accaduto con la fusione forzata di Abetone-Cutigliano da parte della Regione e conseguente annuncio di ricorso al Tar del comune di Abetone. Ne è venuto un coro unanime di no alle fusioni forzate e un sì ai Comuni, mentre fuori, in piazza, si festeggiano gli ultimi giorni di Carnevale, con bambini vestiti a maschera e musiche sparate che si diffondono nelle vie del paese .

Battaglia di civiltà senza partiti «La nostra è una battaglia di civiltà e in favore delle comunità. Non è politica partitica ma difesa dei nostri territori», ha detto Paolo Moschi, assessore al comune di Volterra e animatore di Toscana Civica, la federazione delle liste civiche presenti in sempre più Comuni. «Pretendiamo di dire la nostra in un dibattito che vuole eliminare secoli di storia eliminando i Comuni, in nome di presunti risparmi che poi si traducono solo in minori spazi di democrazia e rappresentatività». Alle porte una nuova consultazione popolare in programma il 16 e 17 aprile prossimi tra i comuni di Castellina marittima (duemila abitanti circa) e Riparbella (poco più di milleseicento), e in molti vogliono capire meglio vantaggi e svantaggi di questo passaggio che non sarà indolore per le comunità coinvolte.

«L’attaccamento al paese non è negativo» Dal 2012, si legge in una nota di Anci Toscana, si sono tenuti diciassette referendum per decidere o meno su fusioni, in otto casi l’esito è stato positivo. E i comuni toscani sono passati da 287 a 279 (leggi). Dove i cittadini hanno stoppato il percorso di soppressione del proprio comune fu nel 2013 in provincia di Livorno, a Suvereto, dove era in programma la fusione con Campiglia Marittima. All’incontro di Guardistallo, a portare la propria testimonianza, c’era il sindaco, Giuliano Parodi, che di quella consultazione fu fervente animatore per il mantenimento del municipio. «Saremmo stati una frazione di Campiglia e i cittadini lo capirono e si espressero in modo contrario. Del resto, essere attaccati al proprio territorio non è un fatto negativo. E a Suvereto ci siamo svegliati, e stiamo dimostrando che niente di quel che veniva detto allora si è verificato, nessun dissesto finanziario né fine dei servizi per i cittadini. Anzi, oggi stiamo migliorando i servizi comunali e facciamo investimenti sul territorio. È come si gestiscono le risorse che conta e non le politiche del partito di appartenenza». «L’idea di qualcuno nel Partito Democratico – ha detto – è di creare un potere centralizzato nelle mani di pochi, per diminuire la rappresentanza democratica nei territori ed avere meglio il controllo ed impedire ai cittadini di organizzarsi», ha chiuso tra gli applausi.

«Pecore in balia di lupi» «Sono sindaco e, dunque, primo cittadino di Guardistallo, ma io intendo questo compito come il primo che deve servire i cittadini», aveva detto in apertura Sandro Ceccarelli. «Siamo usciti dall’Unione dei Comuni perché non si poteva, ad esempio, fare un regolamento urbanistico per cinque realtà diverse, mentre sono favorevole ad una gestione dei servizi in forma associata e senz’altro con Casale Marittimo ci daremo una mano. Ma rimango convinto che creare un comune unico di grandi dimensioni serva solo ad avere un contenitore di voti in cui tutto si appiattisce e dove la gente non conta più nulla. E se noi sindaci finiamo per non essere più punti di riferimento per la comunità rischiamo di lasciare le pecore in balia delle lupi». Inutile dire che gli applausi nel teatro sono scrosciati spontaneamente.

Riforme non convincenti Qui non sembra avere convinto i primi cittadini la riforma Del Rio sulle Province (legge n. 56/2014) che ha eliminato il costo irrisorio della politica ma nient’altro, mentre i servizi non sembrano essere migliorati. Così come il refrain che il taglio dei Comuni serva per il risparmio della spesa pubblica. E non fa gola nemmeno lo “zuccherino” promesso dei 250 mila euro all’anno per cinque anni di maggiori contributi regionali, fino ad un massimo di un milione di euro per ogni fusione, cui si potrebbero sommare i finanziamenti statali raddoppiati dalla Legge di Stabilità.

«Anci non ci rappresenta» «Dobbiamo fare una battaglia di democrazia, qui in Toscana dove è nata la civiltà comunale – ha spiegato Alberto Ferrini di Castelnuovo Val di Cecina -. Veniamo da anni di propaganda contro i campanili come fossero il male e ci viene detto che dobbiamo annientarci, sarebbe come se il presidente della Regione volesse distruggere il vino e l’olio nella nostra Regione. I Comuni sono l’ossatura di queste terre. Abbiamo l’Associazione Anci che non ci rappresenta. Ed è bene che cominciamo a portare dei numeri e fare battaglie insieme ed organizzarci, se continua il grande disprezzo della democrazia da parte da chi governa a livello nazionale e regionale».

«Che qualcuno nel Pd si muova» Tra gli interventi più apprezzati quello di Sandro Cerri, sindaco di Montecatini val di Cecina, del Pd. «Su questa vicenda non la penso come i nostri parlamentari che vogliono fonderci per forza. Siamo l’ultimo avamposto sul territorio e non possiamo indietreggiare nel rapporto con i cittadini. Dal 2010 una legge scellerata obbliga i Comuni a associare tutti i servizi e questo ha iniziato a creare un clima di incertezza normativa che tutt’ora perdura con il tema delle unioni e ora con la proposta di legge (Tra i primi firmatari proprio esponenti del Pd) che vorrebbe uniti i Comuni sotto 5.000 abitanti, cancellando secoli di storia. Spero che anche qualcuno del mio partito si muova per non ripetere la vergognosa vicenda del referendum di Abetone, quando si sono cambiate le regole a giochi finiti».

«Non vogliamo essere cittadini di serie B» All’incontro anche Marco Buselli, sindaco di Volterra, che ha ricordato come quando si parla di sprechi e ruberie nei Comuni non ci si riferisce certo ai piccoli centri semmai a grandi città, mentre stranamente si vuol chiudere i primi. «Io ho sentito parlare – ha detto – di leggi “SalvaRoma” o “SalvaCatania” e mai di leggi “SalvaGuardistallo. La verità è che vogliono renderci cittadini di serie B e farci perdere le nostre identità. Ma noi non ci stiamo perché la Toscana è sinonimo di identità e territorio. Per questo abbiamo convocato il 12 marzo a Volterra un’assemblea di tutti i Comuni italiani che dicono no a questa proposta indecente di legge».

­«Sfida da fare tutti insieme» «È una grande sfida ma dovete e dobbiamo farla», ha detto Roberto Cenni, già sindaco di Prato eletto con una lista civica e oggi consigliere di opposizione. «I sindaci sono il primo front office verso i cittadini ma i Governi fanno di tutto per togliere loro potere e risorse. Così si lede la rappresentatività dei cittadini, con il loro conseguente disamore per la cosa pubblica».

Poi, gli applausi di tutti i presenti e l’uscita dal teatro ottocentesco di questa adunanza di sindaci autoconvocatisi, quasi un manipolo di complottardi patrioti risorgimentali. Sanno che le forze a loro contrarie sono soverchianti ma non intendono arrendersi né riconsegnare la fascia tricolore. Gli sprechi, dicono, stanno da altre parti, non certo nelle loro comunità. In piazza, intanto, i bambini vestiti a maschera tirano coriandoli e suonano le lingue di menelicche. Chi aiuterà quei genitori ad organizzare il Carnevale in futuro quando il Comune sarà a un’ora di auto dalle proprie case?


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E IN FRIULI?
 
L'OPINIONE DI UN SINDACO FRIULANO

1 commento:

  1. Da sito internet:

    http://www.agenziaimpress.it/la-voce-dei-piccoli-a-volterra-il-12-marzo-la-giornata-dellorgoglio-dei-comuni-ditalia/

    TITOLO
    La voce dei piccoli. A Volterra il 12 marzo la giornata dell’orgoglio dei Comuni d’Italia

    TESTO:

    Volterra per un giorno teatro dell’orgoglio dei Comuni d’Italia. Si svolgerà sabato 12 marzo “Orgoglio comune”, iniziativa pubblica sull’Italia dei territori e dei piccoli Comuni, organizzata dall’amministrazione comunale di Volterra, dall’Associazione Comuni Dimenticati e dal portale di informazione toscana agenziaimpress.it.

    Il sindaco Buselli: «Basta con la mortificazione delle comunità locali»  «La città di Volterra – spiega il sindaco Marco Buselli – è testimonianza viva di una tradizione civica che rappresenta il dna del nostro Paese. Dobbiamo dire basta al tentativo in atto di mortificare le comunità locali con tagli e una deleteria volontà di accorpare e accentrare sempre e solo sulla base dei numeri».

    Durante l’iniziativa, a cui sono stati invitati 5700 sindaci italiani, si parlerà di sanità pubblica, di identità e territorio oltre che delle fusioni dei piccoli comuni.

    «Sanità pubblica, identità e territorio non possono – conclude Buselli – finire nel tritacarne dei numeri in funzione di interessi che niente hanno a che fare con la necessità di garantire il diritto alla salute e la volontà di esistere, con orgoglio, da parte dei territori e delle comunità locali».
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